Mi hanno confezionato una stomia e adesso? Cosa farò quando andrò a casa? L’ansia che potrebbe insorgere in procinto della dimissione e che colpisce il paziente stomizzato, è assolutamente comprensibile. Durante il ricovero se l’enterostomista non lo ha istruito adeguatamente al cambio del sacchetto, alla gestione della cute peristomale, alla prevenzione delle complicanze della cute e se non sono stati forniti consigli alimentari o sulla riabilitazione del pavimento pelvico, tutte queste problematiche potrebbero piombargli addosso come un macigno. Non da meno è la preoccupazione per l’esame istologico dell’organo asportato, quella parte di noi che è solo nostra e nessuno comprende il nostro lutto.
La risposta istologica dirà se quel “pezzo” di noi, avrà i margini chirurgici indenni da malattia (se asportato per un cancro ad esempio) e se i linfonodi asportati sono stati intaccati dal tumore, sempre se parliamo di malattia oncologica.
Se vi fosse la necessità di sottoporsi a un ciclo di chemioterapia, il periodo con la stomia si allungherebbe spaventosamente. Ecco che i due tre mesi promessi potrebbero diventare otto o nove o anche dodici o anche anni. Ma concentriamoci sull’immediata dimissione.
L’enterostomista, in accordo con il medico, redige il piano terapeutico per la prescrizione dei presidi per stomia. Solitamente io propongo in prova vari modelli in base alla forma dell’addome, all’acidità della pelle, al tipo di abbigliamento che solitamente usa, all’attività sportiva o lavorativa o sociale. Ma anche alle abitudini quotidiane. Scegliere insieme il sacchetto è fondamentale dato che esso deve adattarsi alla vita del paziente e non viceversa. Le indicazioni alimentari vengono fornite dalla dietista. Ma io mi sento sempre di aggiungere qualche piccolo consiglio, come quello di osservare la consistenza delle feci e di variare l’alimentazione secondo il buon senso. Se anche noi avessimo la diarrea non penso che mangeremmo verdura fibre e frutta no? Ci sono anche degli integratori che addensano i liquidi ingeriti per rallentare il transito. A volte ingerire un piccolo solido insieme a un liquido può rallentare la scarica. Nel mio telefono conservo una serie infinita di fotografie di stomie complicate. Le mostro sempre al paziente per spiegargli che cosa potrebbe succedere ma sempre tranquillizzandolo senza allarmarlo. Credo che la conoscenza sia il primo passo per far si che quel paziente mi contatti appena ha un dubbio e non quando è troppo tardi. Per quanto riguarda la sessualità, è un tema che affronto costantemente fornendo soluzioni, consigli e anche piccole strategie. Ovviamente solo se il paziente ha voglia di parlarne. La riabilitazione del pavimento pelvico merita un articolo a parte. Vi ho già accennato l’argomento molte volte ma riprenderemo sicuramente in un altro post. È importante anche suggerire i probiotici utili al tipo di stomia. Un paziente con una ileostomia necessiterà maggiormente di lattobacilli. Il paziente con una colostomia potrà assumere anche bifidobatteri, che hanno bisogno del colon. Impariamo a leggere le scatole e gli “ingredienti”. Infine, nei casi di urostomia, la prevenzione delle infezioni urinarie prevede una corretta educazione alla gestione della stitichezza, all’idratazione corretta, e all’utilizzo di integratori per la profilassi. Altre problematiche legate alla sensazione di tenesmo ovvero quella sensazione di dover evacuare per via naturale vanno esplicate dando suggerimenti appropriati.